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Tag: separazione

separazione e divorzio: ricorso unico assegno ex diverso

Con la riforma della giustizia civile, dal 1° marzo 2023, marito e moglie possono proporre la domanda separazione e divorzio con ricorso unico e assegno all’ex diverso.

Oggi per la separazione e divorzio si può presentare ricorso ricorso unico con assegno ex diverso.

Sono fatte salve le distinzioni tra l’assegno della separazione e quello del divorzio.

Con la separazione il vincolo coniugale resta in vita, e con esso un assegno teso a garantire al coniuge economicamente più debole il tenore di vita pregresso. Con il divorzio il legame nato dal matrimonio cessa in maniera definitiva per cui l’assegno copre solo le esigenze basilari dell’ex coniuge non economicamente autosufficiente.

Ottenere l’assegno di separazione non è, però, più scontato come un tempo. Il giudice sulla scorta di un’attenta indagine sulle condizioni patrimoniali dei coniugi, lo stabilirà a carico del più facoltoso solo a fronte di un accertato e concreto divario economico tra i due. Terrà conto sia dei costi che ciascun partner dovrà sobbarcarsi (canoni di locazione, ratei del mutuo sulla casa familiare, eventuali finanziamenti), sia dell’età del beneficiario, delle sue prospettive di lavoro, dei beni di cui dispone, sia della durata del matrimonio e di ogni altro elemento utile a ricostruire lo scenario economico attuale al momento della separazione.

Ma attenzione, perché alla casalinga può non bastare il fatto di essersi adoperata per 20 anni in casa per vedersi riconoscere l’assegno: deve provare che lo squilibrio, presente al momento del divorzio fra la sua situazione reddituale e patrimoniale e quella dell’ex, è l’effetto del sacrificio delle proprie aspirazioni professionali a favore delle esigenze familiari.

Le variazioni dell’assegno all’ex

La misura dell’assegno all’ex deve riflettere la situazione attuale di questi ultimi. Gli stessi ex coniugi per sopravvenuti e giustificati motivi possono in ogni momento chiederne la revisione.

Esempi di revisione dell’assegno all’ex (in riduzione) sono quelli dell’obbligato che forma una nuova famiglia e deve provvedere al nuovo coniuge o al nuovo figlio oppure perché migliorano le finanze del beneficiario.

L’assegno all’ex può essere aumentato di converso se, ad esempio, l’onerato acquisisce beni di valore o migliora la propria condizione economica.

Stop al mensile se vengono meno i presupposti iniziali e quindi se il beneficiario ha redditi tali da potersi permettere anche spese voluttuarie o se intraprende una convivenza stabile e duratura da far presumere il futuro impegno dei partner a garantirsi una reciproca assistenza materiale.

spese straordinarie figli: senza accordo irripetibili

spese straordinarie e spese ordinarie

Con la separazione o il divorzio, il giudice od i coniugi (in caso di separazione o divorzio consensuale) dispone che il genitore non collocatario del minore debba versare al genitore collocatario dei figli un assegno di mantenimento per il sostenimento delle spese ordinarie. Sono escluse da tale assegno le spese straordinarie le quali sono spese di mantenimento a favore dei figli che, però,  non hanno carattere di ordinarietà. Le spese straordinarie sono quindi “quelle che per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli”
Esse non possono rientrare nell’assegno di mantenimento dei figli in quanto l’inclusione delle spese straordinarie in via forfettaria nell’assegno di mantenimento “può rivelarsi in contrasto con il principio di proporzionalità sancito dall’art. 155 c.c. e con quello dell’adeguatezza del mantenimento, nonché recare grave nocumento alla prole, che potrebbe essere privata, non consentendolo le possibilità economiche del solo genitore beneficiario dell’assegno “cumulativo”, di cure necessarie o di altri indispensabili apporti”.

differenza tra spese straordinarie e spese ordinarie

La Giurisprudenza di merito ha affermato che “devono qualificarsi come spese straordinarie – in quanto tali escluse dall’importo dell’assegno di mantenimento – le spese concernenti eventi sostanzialmente eccezionali nella vita del figlio minore, oppure le spese che servono per soddisfare esigenze episodiche, saltuarie ed imprevedibili e quelle concernenti eventi ordinari non inclusi nel mantenimento”.
Al contrario “rientrano nelle spese ordinarie – e dunque nell’assegno di mantenimento – tutte le spese che ricorrono frequentemente nella vita di tutti i giorni, quali le spese per vitto, abbigliamento, contributo per spese dell’abitazione, materiale scolastico di cancelleria, mensa, spese di trasporto urbano, le uscite didattiche organizzate dalla scuola nell’ambito dell’orario scolastico, le spese medico-farmaceutiche di modesto importo sostenute per l’acquisto dei medicinali per patologie che frequentemente ricorrono nella vita quotidiana”.
Il mantenimento del figlio deve avvenire in misura proporzionale al reddito di ciascun genitore.

protocollo d’intesa

Ad agevolare la corretta individuazione e ripartizione delle spese straordinarie in sede di separazione e divorzio risultano di grande utilità sono i vari protocolli d’intesa stipulati tra le autorità giudiziarie e gli ordini degli avvocati. Protocolli d’intesa e linee guida sulle spese straordinarie in sede di separazione, divorzio o modifica degli stessi sono state elaborate per ridurre il contenzioso tra coniugi nella determinazione e ripartizione delle spese straordinarie di mantenimento dei figli. Anche l’Ordine degli Avvocati di Brescia ha stipulato di concerto con il Tribunale di Brescia un proprio protocollo d’intesa in relazione alla ripartizione tra spese ordinarie e spese straordinarie.

La Cassazione sull’irripetibilità delle spese straordinarie

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n.793/2023, ha sancito che sono irripetibili le spese straordinarie anticipate da uno dei genitori senza il previo accordo con l’altro, richiesta dal titolo giudiziale vincolante tra le parti. Nel caso specifico la madre agiva in giudizio contro il padre al fine di ottenere la ripetizione di quanto anticipato a titolo di spese straordinarie a favore dei figli minori. L’uomo si opponeva, lamentando l’assenza di un previo accordo in merito agli esborsi, anche in considerazione della notevole entità della somma.
La Cassazione con l’ordinanza sopra citata rigettava il ricorso presentato dalla madre. Ed infatti l’ordinanza Presidenziale prevedeva come obbligo inderogabile, per il rimborso, il preventivo accordo tra i genitori in ordine alle spese straordinarie, ed escludeva da tale obbligo solo alcune categorie di spese per le quali è sufficiente la presentazione della relativa documentazione. Sulla base del suddetto provvedimento, adottato in sede di separazione, sono risultate ripetibili alcune spese, mentre altri esborsi, posto che non erano stati concordati – e alcuni neppure documentati – sono risultati non richiedibili da parte della madre nei confronti del padre .

fecondazione: consenso dell’ex non revocabile

Fecondazione: il consenso dell’ex non è revocabile una volta che l’ovulo è stato fecondato.

Nell’ambito della fecondazione medicalmente assistita, si stabilisce la irrevocabilità del consenso dell’uomo dopo la fecondazione dell’ovulo.

L’art. 6, comma 3, ultimo periodo, della legge n. 40 del 2004 rende possibile, per effetto della crioconservazione, la richiesta dell’impianto degli embrioni non solo a distanza di tempo ma anche quando sia venuto meno l’originario progetto di coppia.

La Corte Costituzionale con sentenza n. 161 del 2023 si è pronunciata nel giudizio promosso da una donna che aveva richiesto l’impianto dell’embrione crioconservato, nonostante nel frattempo fosse intervenuta la separazione dal coniuge.

Quest’ultimo si è opposto ritirando il consenso precedentemente prestato, ritenendo di non poter essere obbligato a diventare padre.

Il giudice ha quindi sollevato la questione di costituzionalità in riferimento alla suddetta norma che stabilisce l’irrevocabilità del consenso.

La sentenza evidenzia che l’irrevocabilità del consenso è funzionale a salvaguardare innanzitutto preminenti interessi.

L’accesso alla PMA comporta «per la donna il grave onere di mettere a disposizione la propria corporalità, con un importante investimento fisico ed emotivo in funzione della genitorialità che coinvolge rischi, aspettative e sofferenze, e che ha un punto di svolta nel momento in cui si vengono a formare uno o più embrioni.

Corpo e mente della donna sono quindi inscindibilmente interessati in questo processo, che culmina nella concreta speranza di generare un figlio, a seguito dell’impianto dell’embrione nel proprio utero.

A questo investimento, fisico ed emotivo, che ha determinato il sorgere di una concreta aspettativa di maternità, la donna si è prestata in virtù dell’affidamento in lei determinato dal consenso dell’uomo al comune progetto genitoriale».

Dopo la fecondazione l’irrevocabilità del consenso è un punto di non ritorno , indifferente alle vicende di coppia.

La sentenza per esteso della Corte Costituzionale è scaricabile a questo link https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2023:161nk

scuole private: e se papà contrario?

Scuole private: e se papà contrario deve partecipare alla spesa?

Se la mamma iscrive il figlio ad una scuola privata nonostante il no espresso del papà a tal riguardo, quest’ultimo è comunque onerato dal corrispondere le spese scolastiche?

Oppure basta il veto espresso dal padre per evitare che quest’ultimo paghi la relativa spesa scolastica?

Ogni genitore può assumere decisioni relative al figlio e l’altro può intervenire nelle scelte dell’altro solo quando si tratti di decisioni di maggior interesse.

L’art. 337 ter comma 3 c.c. statuisce infatti che “le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.

In linea generale, il genitore collocatario del figlio non è tenuto a concordare e ad informare l’altro di tutte le scelte da cui derivino delle spese, ma solo di quelle di particolare interesse.

Pertanto, il genitore non collocatario è tenuto al rimborso delle spese straordinarie salvo l’ipotesi in cui abbia addotto dei validi motivi di dissenso.

Scuole private: e se papà contrario, deve partecipare alla spesa?

A tal riguardo è utile ricordare che le spese scolastiche così come ad esempio quelle mediche, poste a carico di entrami i genitori in sede di separazione e divorzio integrano l’assegno di mantenimento, condividendone la natura “ordinaria”.

Ebbene purtroppo il papà non gode del diritto di veto, in quanto spetta sempre e solo al giudice valutare se la spesa sostenuta effettuata sia rispondente all’interesse del figlio.

In ogni caso, il dissenso del genitore può essere legittimamente manifestato anche tramite il difensore.

mantenimento: niente sospensione feriale

Nelle cause in materia di mantenimento: niente sospensione feriale dei termini processuali.

In tema di obbligazioni alimentari nelle cause in materia di mantenimento del coniuge debole e dei minori non è più applicabile la sospensione feriale dei termini processuali.

Lo ha puntualizzato la Corte di Cassazione , all’interno dell’ordinanza n. 18044/2023, depositata lo scorso 23 giugno.

Tali cause sono infatti ormai tutte assimilabili a quelle in materia di alimenti, per definizione urgenti e non soggette a pause processuali obbligatorie. 

L’ordinanza della Corte di Cassazione sopra citata è stata subito ripresa dal Consiglio Nazionale Forense.

Quanto sopra consiste in una novità interpretativa che incide sull’attività in materia .

Ai fini interpretativi dell’innovativa normativa sulla sospensione dei termini processuali, la nozione di obbligazioni alimentari accolta nel diritto dell’Unione Europea va, pertanto, intesa nell’accezione autonoma propria del diritto comunitario ed estesa a tutte le obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, e quindi comprensiva dei diversi istituti delle obbligazioni di mantenimento

In conclusione, la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente nuovo principio di diritto: in tema di obbligazioni alimentari come regolate dall’art. 1, comma 1, del Regolamento CE n. 4/2009 del Consiglio del 18.12.2008 (relativo alla Competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle

decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari), a norma del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3, convertito nella L. n. 27 del 2020, che della prima costituisce una derivazione, nelle cause in materia di mantenimento del coniuge debole e dei minori non è più applicabile la sospensione feriale dei termini processuali, di cui alla L. n. 742 del 1969, artt. 1 e 3;

tali cause sono ormai tutte assimilabili a quelle in materia di alimenti, per definizione urgenti e non soggette a pause processuali obbligatorie; ove pertanto si controverta di siffatte obbligazioni, la sospensione dei termini non s’applica parimenti ai casi in cui la causa comprenda, in connessione, anche altre questioni familiari o riguardanti i minori, pur se non espressamente contemplate dal R.D. n. 12 del 1941, art. 92.

Il testo dell’ordinanza è scaricabile cliccando al seguente link https://www.ordineavvocatimilano.it/media/news/LUGLIO2023/Cassazione%2018044-2023.pdf

assegno divorzile: no con revoca della casa

Assegno divorzile: no con revoca della casa.

Lo afferma una recentissima ordinanza della Corte di Cassazione del maggio 2023.

La vicenda:

Con la sentenza di divorzio alla ex moglie viene revocata l’assegnazione della casa familiare, in quanto i figli sono divenuti economicamente autosufficienti.

A seguito di quanto sopra, la ex moglie chiede il riconoscimento di un assegno divorzile tenuto conto che la venuta meno dell’abitazione assegnata la obbliga a corrispondere un canone di locazione.

Il giudice di merito condanna l’ex marito al versamento di un assegno pari ad € 400,00 ma l’uomo impugna la decisione avanti la Corte di Cassazione che, per l’appunto, con l’ordinanza del maggio 2023 accoglie il ricorso di quest’ultimo.

La decisione:

assegno divorzile: nessun automatismo con revoca della casa coniugale. Per il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile il giudice deve valutare, infatti, la funzione assistenziale e quella perequativo-compensativa del medesimo.

Secondo la Cassazione il fatto che la l’assegnazione della casa comporti un risparmio di spesa non determina automaticamente che la sua revoca comporti il riconoscimento di un contributo economico a favore della parte che perde tale diritto.

Infatti, non sussiste alcun automatismo tra le due cose.

Richiamati i principi espressi dalle Sezioni Unite nel 2018 la Cassazione ricorda che l’eventuale disparità di reddito tra le parti rileva solo quando dipenda dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio.

Ad esempio, nel caso in cui il minor reddito di uno dei due dipenda dal fatto di aver sacrificato le proprie aspettative professionali (e, conseguentemente, reddituali) a favore dell’altro, per consentirgli di fare carriera.

In conclusione, al fine di riconoscere la sussistenza del diritto all’assegno, non opera alcun automatismo, ma il giudice deve valutare l’impossibilità del soggetto richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente (funzione assistenziale) nonché la necessità di “compensarlo” per il contributo che abbia dato alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge (funzione compensativo-perequativa).

Mantenimento diretto del padre al figlio maggiorenne: si può?

E’ possibile il mantenimento diretto del padre al figlio maggiorenne?

Versare le somme dovute per l’assegno di mantenimento direttamente al figlio, senza che ci sia un accordo tra i genitori e un ordine del giudice, non libera il soggetto obbligato dal proprio debito, con la conseguenza che lo stesso dovrà versare un’altra volta la stessa somma all’ex.

Il mantenimento diretto al figlio maggiorenne, invece che al genitore convivente, non è infatti una facoltà dell’obbligato ( di solito il padre) , ma può essere deciso solo dal giudice.

Secondo la Corte di Cassazione (ordinanza n. 9700/’01 e n.34100/’01) la possibilità per il padre di versare il mantenimento diretto al figlio , ribadito nuovamente anche con recente ordinanza del 2001,  è subordinata ad un provvedimento di modifica delle condizioni della separazione e/o di divorzio.

I genitori non possono, perciò, decidere in maniera autonoma che il padre versi il mantenimento direttamente al figlio maggiorenne, anziché alla madre, senza un provvedimento giudiziale in tal senso.

Ogni accordo – anche tacito – tra i genitori, in assenza di un provvedimento giurisdizionale, che avesse modificato le statuizioni contenute nella sentenza di separazione o di divorzio dovrà, pertanto considerarsi nullo.

A nulla quindi vale l’esistenza di un accordo intercorso tra le parti.

Il genitore non convivente può versare l’assegno di mantenimento direttamente al figlio a patto che lo stesso sia maggiorenne e che ne abbia fatto espressa richiesta al Giudice.

Secondo gli ermellini, l’art. 337 septies c. 1 c.c. stabilisce che spetti unicamente al giudice disporre il pagamento di un assegno ai figli maggiorenni non indipendenti economicamente. Solo in seguito all’emissione di un simile provvedimento, il mantenimento è corrisposto direttamente all’avente diritto. Quindi, “il pagamento dell’assegno di mantenimento direttamente al figlio maggiorenne, invece che al genitore convivente, non è una facoltà dell’obbligato, ma può essere solo il frutto di una decisione giudiziaria”.

Il mantenimento è un diritto indisponibile

La Cassazione ribadisce che “la determinazione dell’assegno di mantenimento dei figli, da parte del coniuge separato, risponde ad un superiore interesse di quelli, interesse che non è disponibile dalle parti”.

Pertanto, un accordo tra i genitori non può modificare la persona del creditore o del debitore come stabiliti nel provvedimento giurisdizionale ma solo quest’ultimo su istanza del figlio maggiorenne potrà disporre in tal senso.

affido paritetico

L’ affido paritetico consiste in una particolare forma di affidamento condiviso e consente un collocamento paritario con la previsione di tempi paritetici di permanenza del minore con i genitori.

Il minore ha diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi.

Si tratta di un modo di organizzarsi per consentire al figlio di passare lo stesso tempo con il padre e con la madre, compatibilmente con gli impegni di ciascuno.

La soluzione dell’affido paritetico è, addirittura, maggiormente rispondente alle esigenze del figlio in quanto consente a quest’ultimo di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori.

L’applicabilità dell’ affido paritetico deve esser valutata caso per caso in quanto deve essere garantito al minore la possibilità di poter mantenere le proprie abitudini ed il proprio stile di vita.

Il minore deve inoltre riuscire a mantenere i rapporti con i propri affetti.

L’affido paritetico stabilisce una responsabilità genitoriale comune, sulla base di quanto il Giudice (o i genitori) decide in materia di tempi e modi di permanenza dei figli con il padre e con la madre, il più possibile vicini al 50%.

L’affido paritetico può prevedere di dividersi l’affidamento in determinati giorni durante la settimana, oppure la mattina con uno e il pomeriggio con un altro genitore o, ancora, a settimane alterne, ecc.

L’eventuale accordo può anche prevedere che il figlio abbia un doppio domicilio presso l’abitazione di dei due genitori.

Mantenimento

Con tale affido il mantenimento dei figli è diretto. Esso però non è una conseguenza immediata della scelta dell’affido paritetico ma deve avvenire dietro accordi tra i genitori.

Con il mantenimento figli diretto non viene prevista l’erogazione dell’assegno di mantenimento periodico da parte del padre o della madre ma il sostegno diretto del minore, senza passaggi di denaro da un genitore all’altro.

Restano ferme le spese straordinarie da suddividersi pro quota nella misura del 50%.

Piano Genitoriale: mancato rispetto

Il piano genitoriale proposto dal Giudice, sulla base dei resoconti preparati dalle parti, diventa vincolante per i genitori, che si impegnano ad osservarne il contenuto. Analizziamo brevemente cosa succede però in caso di mancato rispetto del piano gentitoriale da parte di uno dei genitori.

Il mancato rispetto delle misure previste nel piano genitoriale viene espressamente sanzionato dalle nuove norme introdotte dalla Riforma.

Anche qui il legislatore ha voluto introdurre un rimedio giurisdizionale concretamente attivabile quando uno dei due genitori è costretto a fare i conti con gli inadempimenti dell’altro. Se uno dei genitori si rende responsabile di “gravi inadempienze, anche di natura economica o di atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento e dell’esercizio della responsabilità genitoriale”, il Giudice può:

– modificare d’ufficio i provvedimenti in vigore;

  • adottare anche congiuntamente le seguenti sanzioni:
  • ammonimento del genitore inadempiente;
  • individuazione ai sensi dell’art. 614 bis di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza o per ogni giorno di ritardo nell’attuazione del provvedimento;
  • condanna del genitore inadempiente ad una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 75 Euro ad un massimo di 50 mila Euro a favore della cassa delle ammende;
  • condanna del genitore inadempiente al risarcimento del danno nei confronti dell’altro genitore o anche d’ufficio del minore.

Per poter predisporre correttamente il piano genitoriale, ti suggeriamo di leggere anche questo altro nostro articolo (cliccando il seguente link) all’interno del quale è possibile trovare un fac simile di piano genitoriale nonché delle line guida per una sua corretta compilazione.

Piano genitoriale fac simile

Novità introdotta con la recente Riforma Cartabia e valevole – nel caso della presenza di figli – per i procedimenti di separazione o di divorzio nonché per interruzione della convivenza delle coppie di fatto. Qui di seguito daremo una breve descrizione di cosa sia il Piano Genitoriale e di quali siano le sue funzioni fornendone anche un fac simile.

Nel fac simile del Piano Genitoriale il genitore riporta le esigenze quotidiane dei figli, con particolare riferimento a casa, scuola, amici, vacanze, percorsi educativi, attività extrascolastiche.

E ‘ possibile scaricare qui di seguito il Piano Genitoriale fac simile predisposto dal CNF divenuto obbligatorio per i procedimenti di separazione e/o divorzio e/o di interruzione della convivenza della coppia di fatto. 

Alcuni Tribunali hanno anche elaborato delle linee guida (qui scaricabili) da seguire per la redazione del Piano Genitoriale qui allegato in fac simile. 

Un Piano Genitoriale dovrebbe contenere appositi capitoli dedicati alle seguenti tematiche:

  • istruzione: scelta della scuola (pubblica o privata), del doposcuola, dell’educazione speciale e dell’istruzione a casa, delle attività extracurricolari con relativa ripartizione dei costi tra i genitori;
  • salute: visite mediche, decisioni da assumere, operatori sanitari di riferimento, ripartizione delle spese mediche;
  • religione: scelte sull’istruzione religiosa, e delle eventuali spese da sostenere;
  • comunicazione: contatti telefonici, trasferimento delle informazioni rilevanti, contatto tramite internet, costi del cellulare, utilizzo di internet e controllo su programmi e accesso, comunicazioni;
  • persone che si occupano del minore: nonni, babysitter etc…;
  • risoluzione delle controversie ed eventuale utilizzo della mediazione familiare;
  • spostamenti del minore da un’abitazione all’altra;
  • piano settimanale per le frequentazioni (con opportuno schema settimanale che regola il tempo trascorso con l’uno o con l’altro genitore);
  • vacanze, giorni festivi, compleanni di famiglia e date significative;
  • deduzioni fiscali e ripartizione tra i genitori.