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Autore: Avv. Chiara Mascitti

dipendenti pubblici uso strumenti informatici

Limiti per i dipendenti pubblici nell’uso degli strumenti informatici e degli account istituzionali.

E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il dpr. 81/2023 sui codici di comportamento dei dipendenti pubblici e che introduce modifiche al dpr. 62/2013.

La norma si concentra sui limiti dei dipendenti pubblici uso strumenti elettronici.

Alcuni dei punti interessati riguardano i divieti di utilizzo delle chat per dialogare su procedimenti in corso e di inviare mail dall’account della P.a. senza firma e senza un recapito per replicare. 

L’utilizzo di account istituzionali è permesso per i soli fini legati all’attività lavorativa o ad essa riconducibili.

Tuttavia tale utilizzo non piò in alcun modo compromettere la sicurezza o la reputazione dell’amministrazione.

L’uso di caselle di posta elettroniche personali è di norma evitato per attività o comunicazioni afferenti il servizio, stavo i casi di forza maggiore dovuti a circostanze in cui i dipendenti pubblici, per qualsiasi ragione, non possano accedere all’account istituzionale.

uso dei social media

Nell’utilizzo dei propri account di social media, il dipendente utilizza ogni cautela affinché le proprie opinioni o i propri giudizi su eventi, cose o persone, non siano in alcun modo attribuibili direttamente alla pubblica amministrazione di appartenenza.

In ogni caso il dipendente e’ tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza o della
pubblica amministrazione in generale.

Sono escluse da tale limitazione le attivita’ o le comunicazioni per le quali l’utilizzo dei social media risponde ad una esigenza di carattere istituzionale.

Ogni amministrazione le si può dotare di una “social media policy” per ciascuna tipologia di piattaforma digitale, al fine di adeguare alle proprie specificita’ le disposizioni di cui al presente articolo.

In particolare, la “social media policy” dovrà individuare , graduandole in base al livello gerarchico e di responsabilità del dipendente, le condotte che possono danneggiare la reputazione delle
amministrazioni.

Per leggere il Decreto completo clicca qui

assegno divorzile: no con revoca della casa

Assegno divorzile: no con revoca della casa.

Lo afferma una recentissima ordinanza della Corte di Cassazione del maggio 2023.

La vicenda:

Con la sentenza di divorzio alla ex moglie viene revocata l’assegnazione della casa familiare, in quanto i figli sono divenuti economicamente autosufficienti.

A seguito di quanto sopra, la ex moglie chiede il riconoscimento di un assegno divorzile tenuto conto che la venuta meno dell’abitazione assegnata la obbliga a corrispondere un canone di locazione.

Il giudice di merito condanna l’ex marito al versamento di un assegno pari ad € 400,00 ma l’uomo impugna la decisione avanti la Corte di Cassazione che, per l’appunto, con l’ordinanza del maggio 2023 accoglie il ricorso di quest’ultimo.

La decisione:

assegno divorzile: nessun automatismo con revoca della casa coniugale. Per il riconoscimento del diritto all’assegno divorzile il giudice deve valutare, infatti, la funzione assistenziale e quella perequativo-compensativa del medesimo.

Secondo la Cassazione il fatto che la l’assegnazione della casa comporti un risparmio di spesa non determina automaticamente che la sua revoca comporti il riconoscimento di un contributo economico a favore della parte che perde tale diritto.

Infatti, non sussiste alcun automatismo tra le due cose.

Richiamati i principi espressi dalle Sezioni Unite nel 2018 la Cassazione ricorda che l’eventuale disparità di reddito tra le parti rileva solo quando dipenda dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio.

Ad esempio, nel caso in cui il minor reddito di uno dei due dipenda dal fatto di aver sacrificato le proprie aspettative professionali (e, conseguentemente, reddituali) a favore dell’altro, per consentirgli di fare carriera.

In conclusione, al fine di riconoscere la sussistenza del diritto all’assegno, non opera alcun automatismo, ma il giudice deve valutare l’impossibilità del soggetto richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente (funzione assistenziale) nonché la necessità di “compensarlo” per il contributo che abbia dato alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge (funzione compensativo-perequativa).

contratto a termine: novità 2023

Contratto a termine: quali sono le novità introdotte nel 2023..

La Legge di conversione del Decreto Lavoro prevede modifiche alla disciplina del contratto a termine introducendo novità tra cui l’utilizzo delle causali.

Le causali nel contratto a termine:novità 2023

Le causali sono quelle motivazioni che consentono di estendere i contratti a termine oltre i 12 mesi, nel rispetto del limite complessivo di durata di 24 mesi.

In primis, sono state eliminate le seguenti causali:

  • Esigenze temporanee ed oggettive dell’azienda, estranee all’ordinaria attività;
  • Esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’ordinaria attività.

Viene invece mantenuta la causale volta a soddisfare l’esigenza di sostituire altri lavoratori assenti.

Tra le causali di nuova introduzione vi sono le fattispecie previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del D.Lgs. numero 81/2015.

Con quanto sopra si intendono i “contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”.

In mancanza delle previsioni contrattuali, il superamento del tetto dei 12 mesi è ammesso nelle ipotesi previste dai contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti.

settori esclusi dal sistema della causali

Le disposizioni riguardanti l’applicazione delle causali nel contratto a termine non operano con riferimento ai contratti stipulati da:

  • Pubbliche amministrazioni;
  • Università private, incluse le filiazioni di università straniere;
  • Istituti pubblici di ricerca;
  • Società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione;
  • Enti privati di ricerca;
  • Lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della medesima;

Mantenimento diretto del padre al figlio maggiorenne: si può?

E’ possibile il mantenimento diretto del padre al figlio maggiorenne?

Versare le somme dovute per l’assegno di mantenimento direttamente al figlio, senza che ci sia un accordo tra i genitori e un ordine del giudice, non libera il soggetto obbligato dal proprio debito, con la conseguenza che lo stesso dovrà versare un’altra volta la stessa somma all’ex.

Il mantenimento diretto al figlio maggiorenne, invece che al genitore convivente, non è infatti una facoltà dell’obbligato ( di solito il padre) , ma può essere deciso solo dal giudice.

Secondo la Corte di Cassazione (ordinanza n. 9700/’01 e n.34100/’01) la possibilità per il padre di versare il mantenimento diretto al figlio , ribadito nuovamente anche con recente ordinanza del 2001,  è subordinata ad un provvedimento di modifica delle condizioni della separazione e/o di divorzio.

I genitori non possono, perciò, decidere in maniera autonoma che il padre versi il mantenimento direttamente al figlio maggiorenne, anziché alla madre, senza un provvedimento giudiziale in tal senso.

Ogni accordo – anche tacito – tra i genitori, in assenza di un provvedimento giurisdizionale, che avesse modificato le statuizioni contenute nella sentenza di separazione o di divorzio dovrà, pertanto considerarsi nullo.

A nulla quindi vale l’esistenza di un accordo intercorso tra le parti.

Il genitore non convivente può versare l’assegno di mantenimento direttamente al figlio a patto che lo stesso sia maggiorenne e che ne abbia fatto espressa richiesta al Giudice.

Secondo gli ermellini, l’art. 337 septies c. 1 c.c. stabilisce che spetti unicamente al giudice disporre il pagamento di un assegno ai figli maggiorenni non indipendenti economicamente. Solo in seguito all’emissione di un simile provvedimento, il mantenimento è corrisposto direttamente all’avente diritto. Quindi, “il pagamento dell’assegno di mantenimento direttamente al figlio maggiorenne, invece che al genitore convivente, non è una facoltà dell’obbligato, ma può essere solo il frutto di una decisione giudiziaria”.

Il mantenimento è un diritto indisponibile

La Cassazione ribadisce che “la determinazione dell’assegno di mantenimento dei figli, da parte del coniuge separato, risponde ad un superiore interesse di quelli, interesse che non è disponibile dalle parti”.

Pertanto, un accordo tra i genitori non può modificare la persona del creditore o del debitore come stabiliti nel provvedimento giurisdizionale ma solo quest’ultimo su istanza del figlio maggiorenne potrà disporre in tal senso.

Cassa Integrazione per caldo sopra i 35 gradi

Cassa integrazione per caldo sopra i 35 gradi, e in assenza di misure in grado di ridurre il rischio di colpo di calore, le attività di lavoro devono essere sospese e deve essere richiesta la cassa integrazione.

Lo aveva precisato nel luglio 2022 una nota di Inps-Inail e lo ribadisce anche in questo 2023 con l’ispettorato del lavoro è intervenuto con una  Nota 5056 del 13 luglio 2023  per  riepilogare  le principali indicazioni  per la tutela della salute dei lavoratori , sia per i datori di lavoro che per gli ispettori.

La nota richiama le precedenti prot. INL n. 4639 del 02/07/2021 e n. 3783 del 22/06/2022 e le  indicazioni operative  della nota prot. INL 4753 del  26/07/2022

Dettato che torna attuale perciò anche in questa estate 2023 con temperature che, in più parti d’Italia, hanno abbondantemente superato la soglia critica in questione. 

Non è necessario che i gradi centigradi siano rilevabili dai termometri, è sufficiente che questi siano anche solo percepiti. Interessati dalla domanda Cig per troppo caldo sono tutti quei lavoratori alle prese con mansioni particolarmente esposte al rischio calore: ad esempio operai dei cantieri stradali o degli altiforni. Ma non solo.

Si parla quindi di temperature oltre i 35 gradi e di lavorare in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore. In tutti questi casi è consentito, anzi si deve ricorrere alla cassa integrazione ordinaria per troppo caldo.

L’Inps ha avvertito che i fenomeni climatici estremi sono correlati con un forte rischio di infortunio sul lavoro. Ecco perché nel 2022 ha dato indicazioni su quali sono i settori per i quali si può chiedere la cassa integrazione ordinaria in caso di temperature superiori ai 35 gradi. 

Lavori interessati

  • i lavori di stesura del manto stradale, 
  • i lavori di rifacimento di facciate e tetti di costruzioni, 
  • le lavorazioni all’aperto che richiedono indumenti di protezione,
  • tutte le fasi lavorative che vengono svolte in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore.

Come richiedere la CIG per caldo;

In base al vademecum Inps-Inail del 2022, è ovviamente l’azienda a dover presentare domanda di Cigo. 
A questa domanda va allegata la relazione tecnica in cui si specifica:

  • le giornate di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa;
  • il tipo di lavorazione in atto nelle giornate medesime. 

L’azienda che richiede la Cigo (cassa integrazione ordinaria) per caldo sopra i 35 gradi non è tenuta a produrre dichiarazioni che attestino l’entità della temperatura, né a produrre i bollettini meteo.

Malattia – il lavoratore può svolgere altre attività

Il lavoratore in malattia può svolgere un’altra attività?

Nel nostro ordinamento non sussiste un divieto assoluto per il dipendente di prestare altra attività, anche a favore di terzi, durante le assenze dal lavoro per malattia.

Ed infatti, lo svolgimento di altra attività non costituisce, di per sé, inadempimento degli obblighi imposti al prestatore e quindi automatica giusta causa di licenziamento.

Cosa deve provare il datore di lavoro per irrogare il licenziamento?

Il datore di lavoro per irrogare il licenziamento deve valutare modalità, tempi e luoghi della diversa attività svolta da parte del lavorare.

Il datore di lavoro deve inoltre provare non solo che si tratta di effettiva attività ricreativa o ludica ma anche che la malattia è fittizia ovvero che la condotta tenuta dal dipendente è potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il suo rientro al lavoro.

Quanto sopra è ribadito da una recente sentenza della Cassazione del 26.4.2022 che ribadisce che non esiste incompatibilità assoluta tra malattia e svolgimento di un’ altra attività lavorativa durante il periodo di comporto.

Per la Cassazione il lavoratore assente per malattia “non per questo deve astenersi da ogni altra attivita’, quale in ipotesi un’attività’ ludica o di intrattenimento, anche espressione dei diritti della persona.

Esempi:

Così non può essere licenziato un lavoratore che, in malattia, si reca allo stadio per vedere una partita di calcio (tanto più se i biglietti li aveva acquistati prima dello stato di malattia).

Anzi, la durata di una partita si estende per un arco temporale ben più breve rispetto alla giornata lavorativa e non richiede particolari sforzi.

Inoltre, non esiste un obbligo di riposo assoluto in pendenza di malattia se non oggetto di prescrizione medica e fuori dagli orari di reperibilità per la visita fiscale.

Si esplica infatti “il diritto di libera circolazione assicurato a ogni cittadino che non sia destinatario di provvedimenti restrittivi promananti dall’autorità giudiziaria”.

Sul punto, si è pronunciata in tal senso anche una recente sentenza del Tribunale di Arezzo del 7.3.2023.

Gratuito Patrocinio

Il gratuito patrociniochiamato più correttamente con il nominativo “patrocinio a spese dello stato”,è un istituto previsto dal D.P.R. 115/2002 (T.U. spese di giustizia).

 Attraverso tale istituto il cittadino che si trova in condizione di difficoltà economica può essere assistito da un Avvocato senza dover pagare il suo onorario.

Se si viene ammessi al gratuito patrocinio sarà lo Stato a farsi carico delle spese relative al procedimento.

In particolare saranno coperte l’onorario e le spese sostenute dall’avvocato, comprese quelle relative alla copia degli atti processuali ed anche quelle relative al consulente tecnico di parte ed alla notifica degli atti. Per questi motivi  l’Avvocato non può in alcun modo percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualsiasi titolo.

Il patrocinio è assicurato nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate.

Requisiti:

Possono accedere al patrocinio a spese dello stato:
– i cittadini italiani (anche liberi professionisti o titolari di partita IVA);
 i cittadini stranieri o gli apolidi, purché si trovino regolarmente sul territorio nazionale;
– gli enti senza scopo di lucro o le associazioni.

Ai sensi dell’art. 76 DPR 115/2002 può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi (l’ISEE non ha rilevanza), non superiore a euro 12.838,01 euro.

Se l’interessato all’ammissione al patrocinio convive con il coniuge o con altri familiari dovrà essere cumulato in quel limite reddituale anche il reddito percepito dal familiare convivente.

Sono, invece, esclusi tutti coloro che hanno ricevuto una condanna definitiva per i seguenti reati:

  • associazione di tipo mafioso;
  • associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri;
  • produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope.

Come sottolineato anche dall’Agenzia delle Entrate tra le somme che concorrono al calcolo del limite del reddito per l’ammissione al beneficio sono inseriti anche quelli esenti IRPEF, e quindi anche il reddito di cittadinanza e l’importo dell’assegno di mantenimentopercepito dall’ex coniuge.

Per ulteriori informazioni, si rimanda al seguente link

Lo Studio Legale Mascitti è disponibile al gratuito patrocinio nell’ambito del diritto civile, della volontaria giurisdizione e nel diritto del lavoro.

affido paritetico

L’ affido paritetico consiste in una particolare forma di affidamento condiviso e consente un collocamento paritario con la previsione di tempi paritetici di permanenza del minore con i genitori.

Il minore ha diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi.

Si tratta di un modo di organizzarsi per consentire al figlio di passare lo stesso tempo con il padre e con la madre, compatibilmente con gli impegni di ciascuno.

La soluzione dell’affido paritetico è, addirittura, maggiormente rispondente alle esigenze del figlio in quanto consente a quest’ultimo di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori.

L’applicabilità dell’ affido paritetico deve esser valutata caso per caso in quanto deve essere garantito al minore la possibilità di poter mantenere le proprie abitudini ed il proprio stile di vita.

Il minore deve inoltre riuscire a mantenere i rapporti con i propri affetti.

L’affido paritetico stabilisce una responsabilità genitoriale comune, sulla base di quanto il Giudice (o i genitori) decide in materia di tempi e modi di permanenza dei figli con il padre e con la madre, il più possibile vicini al 50%.

L’affido paritetico può prevedere di dividersi l’affidamento in determinati giorni durante la settimana, oppure la mattina con uno e il pomeriggio con un altro genitore o, ancora, a settimane alterne, ecc.

L’eventuale accordo può anche prevedere che il figlio abbia un doppio domicilio presso l’abitazione di dei due genitori.

Mantenimento

Con tale affido il mantenimento dei figli è diretto. Esso però non è una conseguenza immediata della scelta dell’affido paritetico ma deve avvenire dietro accordi tra i genitori.

Con il mantenimento figli diretto non viene prevista l’erogazione dell’assegno di mantenimento periodico da parte del padre o della madre ma il sostegno diretto del minore, senza passaggi di denaro da un genitore all’altro.

Restano ferme le spese straordinarie da suddividersi pro quota nella misura del 50%.

Piano Genitoriale: mancato rispetto

Il piano genitoriale proposto dal Giudice, sulla base dei resoconti preparati dalle parti, diventa vincolante per i genitori, che si impegnano ad osservarne il contenuto. Analizziamo brevemente cosa succede però in caso di mancato rispetto del piano gentitoriale da parte di uno dei genitori.

Il mancato rispetto delle misure previste nel piano genitoriale viene espressamente sanzionato dalle nuove norme introdotte dalla Riforma.

Anche qui il legislatore ha voluto introdurre un rimedio giurisdizionale concretamente attivabile quando uno dei due genitori è costretto a fare i conti con gli inadempimenti dell’altro. Se uno dei genitori si rende responsabile di “gravi inadempienze, anche di natura economica o di atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento e dell’esercizio della responsabilità genitoriale”, il Giudice può:

– modificare d’ufficio i provvedimenti in vigore;

  • adottare anche congiuntamente le seguenti sanzioni:
  • ammonimento del genitore inadempiente;
  • individuazione ai sensi dell’art. 614 bis di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza o per ogni giorno di ritardo nell’attuazione del provvedimento;
  • condanna del genitore inadempiente ad una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 75 Euro ad un massimo di 50 mila Euro a favore della cassa delle ammende;
  • condanna del genitore inadempiente al risarcimento del danno nei confronti dell’altro genitore o anche d’ufficio del minore.

Per poter predisporre correttamente il piano genitoriale, ti suggeriamo di leggere anche questo altro nostro articolo (cliccando il seguente link) all’interno del quale è possibile trovare un fac simile di piano genitoriale nonché delle line guida per una sua corretta compilazione.

Piano genitoriale fac simile

Novità introdotta con la recente Riforma Cartabia e valevole – nel caso della presenza di figli – per i procedimenti di separazione o di divorzio nonché per interruzione della convivenza delle coppie di fatto. Qui di seguito daremo una breve descrizione di cosa sia il Piano Genitoriale e di quali siano le sue funzioni fornendone anche un fac simile.

Nel fac simile del Piano Genitoriale il genitore riporta le esigenze quotidiane dei figli, con particolare riferimento a casa, scuola, amici, vacanze, percorsi educativi, attività extrascolastiche.

E ‘ possibile scaricare qui di seguito il Piano Genitoriale fac simile predisposto dal CNF divenuto obbligatorio per i procedimenti di separazione e/o divorzio e/o di interruzione della convivenza della coppia di fatto. 

Alcuni Tribunali hanno anche elaborato delle linee guida (qui scaricabili) da seguire per la redazione del Piano Genitoriale qui allegato in fac simile. 

Un Piano Genitoriale dovrebbe contenere appositi capitoli dedicati alle seguenti tematiche:

  • istruzione: scelta della scuola (pubblica o privata), del doposcuola, dell’educazione speciale e dell’istruzione a casa, delle attività extracurricolari con relativa ripartizione dei costi tra i genitori;
  • salute: visite mediche, decisioni da assumere, operatori sanitari di riferimento, ripartizione delle spese mediche;
  • religione: scelte sull’istruzione religiosa, e delle eventuali spese da sostenere;
  • comunicazione: contatti telefonici, trasferimento delle informazioni rilevanti, contatto tramite internet, costi del cellulare, utilizzo di internet e controllo su programmi e accesso, comunicazioni;
  • persone che si occupano del minore: nonni, babysitter etc…;
  • risoluzione delle controversie ed eventuale utilizzo della mediazione familiare;
  • spostamenti del minore da un’abitazione all’altra;
  • piano settimanale per le frequentazioni (con opportuno schema settimanale che regola il tempo trascorso con l’uno o con l’altro genitore);
  • vacanze, giorni festivi, compleanni di famiglia e date significative;
  • deduzioni fiscali e ripartizione tra i genitori.