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Autore: Avv. Chiara Mascitti

separazione e divorzio: ricorso unico assegno ex diverso

Con la riforma della giustizia civile, dal 1° marzo 2023, marito e moglie possono proporre la domanda separazione e divorzio con ricorso unico e assegno all’ex diverso.

Oggi per la separazione e divorzio si può presentare ricorso ricorso unico con assegno ex diverso.

Sono fatte salve le distinzioni tra l’assegno della separazione e quello del divorzio.

Con la separazione il vincolo coniugale resta in vita, e con esso un assegno teso a garantire al coniuge economicamente più debole il tenore di vita pregresso. Con il divorzio il legame nato dal matrimonio cessa in maniera definitiva per cui l’assegno copre solo le esigenze basilari dell’ex coniuge non economicamente autosufficiente.

Ottenere l’assegno di separazione non è, però, più scontato come un tempo. Il giudice sulla scorta di un’attenta indagine sulle condizioni patrimoniali dei coniugi, lo stabilirà a carico del più facoltoso solo a fronte di un accertato e concreto divario economico tra i due. Terrà conto sia dei costi che ciascun partner dovrà sobbarcarsi (canoni di locazione, ratei del mutuo sulla casa familiare, eventuali finanziamenti), sia dell’età del beneficiario, delle sue prospettive di lavoro, dei beni di cui dispone, sia della durata del matrimonio e di ogni altro elemento utile a ricostruire lo scenario economico attuale al momento della separazione.

Ma attenzione, perché alla casalinga può non bastare il fatto di essersi adoperata per 20 anni in casa per vedersi riconoscere l’assegno: deve provare che lo squilibrio, presente al momento del divorzio fra la sua situazione reddituale e patrimoniale e quella dell’ex, è l’effetto del sacrificio delle proprie aspirazioni professionali a favore delle esigenze familiari.

Le variazioni dell’assegno all’ex

La misura dell’assegno all’ex deve riflettere la situazione attuale di questi ultimi. Gli stessi ex coniugi per sopravvenuti e giustificati motivi possono in ogni momento chiederne la revisione.

Esempi di revisione dell’assegno all’ex (in riduzione) sono quelli dell’obbligato che forma una nuova famiglia e deve provvedere al nuovo coniuge o al nuovo figlio oppure perché migliorano le finanze del beneficiario.

L’assegno all’ex può essere aumentato di converso se, ad esempio, l’onerato acquisisce beni di valore o migliora la propria condizione economica.

Stop al mensile se vengono meno i presupposti iniziali e quindi se il beneficiario ha redditi tali da potersi permettere anche spese voluttuarie o se intraprende una convivenza stabile e duratura da far presumere il futuro impegno dei partner a garantirsi una reciproca assistenza materiale.

spese straordinarie figli: senza accordo irripetibili

spese straordinarie e spese ordinarie

Con la separazione o il divorzio, il giudice od i coniugi (in caso di separazione o divorzio consensuale) dispone che il genitore non collocatario del minore debba versare al genitore collocatario dei figli un assegno di mantenimento per il sostenimento delle spese ordinarie. Sono escluse da tale assegno le spese straordinarie le quali sono spese di mantenimento a favore dei figli che, però,  non hanno carattere di ordinarietà. Le spese straordinarie sono quindi “quelle che per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita dei figli”
Esse non possono rientrare nell’assegno di mantenimento dei figli in quanto l’inclusione delle spese straordinarie in via forfettaria nell’assegno di mantenimento “può rivelarsi in contrasto con il principio di proporzionalità sancito dall’art. 155 c.c. e con quello dell’adeguatezza del mantenimento, nonché recare grave nocumento alla prole, che potrebbe essere privata, non consentendolo le possibilità economiche del solo genitore beneficiario dell’assegno “cumulativo”, di cure necessarie o di altri indispensabili apporti”.

differenza tra spese straordinarie e spese ordinarie

La Giurisprudenza di merito ha affermato che “devono qualificarsi come spese straordinarie – in quanto tali escluse dall’importo dell’assegno di mantenimento – le spese concernenti eventi sostanzialmente eccezionali nella vita del figlio minore, oppure le spese che servono per soddisfare esigenze episodiche, saltuarie ed imprevedibili e quelle concernenti eventi ordinari non inclusi nel mantenimento”.
Al contrario “rientrano nelle spese ordinarie – e dunque nell’assegno di mantenimento – tutte le spese che ricorrono frequentemente nella vita di tutti i giorni, quali le spese per vitto, abbigliamento, contributo per spese dell’abitazione, materiale scolastico di cancelleria, mensa, spese di trasporto urbano, le uscite didattiche organizzate dalla scuola nell’ambito dell’orario scolastico, le spese medico-farmaceutiche di modesto importo sostenute per l’acquisto dei medicinali per patologie che frequentemente ricorrono nella vita quotidiana”.
Il mantenimento del figlio deve avvenire in misura proporzionale al reddito di ciascun genitore.

protocollo d’intesa

Ad agevolare la corretta individuazione e ripartizione delle spese straordinarie in sede di separazione e divorzio risultano di grande utilità sono i vari protocolli d’intesa stipulati tra le autorità giudiziarie e gli ordini degli avvocati. Protocolli d’intesa e linee guida sulle spese straordinarie in sede di separazione, divorzio o modifica degli stessi sono state elaborate per ridurre il contenzioso tra coniugi nella determinazione e ripartizione delle spese straordinarie di mantenimento dei figli. Anche l’Ordine degli Avvocati di Brescia ha stipulato di concerto con il Tribunale di Brescia un proprio protocollo d’intesa in relazione alla ripartizione tra spese ordinarie e spese straordinarie.

La Cassazione sull’irripetibilità delle spese straordinarie

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n.793/2023, ha sancito che sono irripetibili le spese straordinarie anticipate da uno dei genitori senza il previo accordo con l’altro, richiesta dal titolo giudiziale vincolante tra le parti. Nel caso specifico la madre agiva in giudizio contro il padre al fine di ottenere la ripetizione di quanto anticipato a titolo di spese straordinarie a favore dei figli minori. L’uomo si opponeva, lamentando l’assenza di un previo accordo in merito agli esborsi, anche in considerazione della notevole entità della somma.
La Cassazione con l’ordinanza sopra citata rigettava il ricorso presentato dalla madre. Ed infatti l’ordinanza Presidenziale prevedeva come obbligo inderogabile, per il rimborso, il preventivo accordo tra i genitori in ordine alle spese straordinarie, ed escludeva da tale obbligo solo alcune categorie di spese per le quali è sufficiente la presentazione della relativa documentazione. Sulla base del suddetto provvedimento, adottato in sede di separazione, sono risultate ripetibili alcune spese, mentre altri esborsi, posto che non erano stati concordati – e alcuni neppure documentati – sono risultati non richiedibili da parte della madre nei confronti del padre .

licenziamento per molestie sessuali

Il lavoratore qualora provveda ad effettuare allusioni a sfondo sessuale nei confronti di una collega sul posto di lavoro può subire un licenziamento per molestie sessuali.

Le allusioni del lavoratore a sfondo sessuale nei confronti di una collega sul posto di lavoro, legittimano il licenziamento del medesimo per giusta causa. Le molestie sessuali sul posto di lavoro sono quindi giusta causa di licenziamento.

Ed infatti, le continue allusioni verbali e fisiche nonché i persistenti riferimenti alla sfera sessuale del/della collega a cui ci si rivolge costituiscono una giusta causa di licenziamento per molestie sessuali.

A nulla rileva che sia assente la volontà offensiva da parte del lavoratore che rivolge tali espressioni moleste o che in generale il clima dei rapporti tra tutti i colleghi sia spesso scherzoso e goliardico.

Sotto quest’ultimo profilo, si ricorda la definizione di molestie così come come indicata dall’art. 26 del D.Lgs. n. n. 198/2006 la quale li articola come : “quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo“.

ll carattere indesiderato della condotta, pur senza che ad essa conseguano effettive aggressioni fisiche a contenuto sessuale, risulta integrativo del concetto e della nozione di molestia, essendo questa e la conseguente tutela accordata, fondata sulla oggettività del comportamento tenuto e dell’effetto prodotto, con assenza di rilievo della effettiva volontà di recare una offesa.

Ad ogni modo, la corretta sussunzione dei fatti accertati attraverso le prove acquisite (come l’esclusione dii testi escussi hanno che possano avvalorare le allusioni verbali e gestuali a sfondo sessuale) nella nozione legale di molestie sopra indicata, costituisce una regolare attività valutativa del giudice di merito.

fecondazione: consenso dell’ex non revocabile

Fecondazione: il consenso dell’ex non è revocabile una volta che l’ovulo è stato fecondato.

Nell’ambito della fecondazione medicalmente assistita, si stabilisce la irrevocabilità del consenso dell’uomo dopo la fecondazione dell’ovulo.

L’art. 6, comma 3, ultimo periodo, della legge n. 40 del 2004 rende possibile, per effetto della crioconservazione, la richiesta dell’impianto degli embrioni non solo a distanza di tempo ma anche quando sia venuto meno l’originario progetto di coppia.

La Corte Costituzionale con sentenza n. 161 del 2023 si è pronunciata nel giudizio promosso da una donna che aveva richiesto l’impianto dell’embrione crioconservato, nonostante nel frattempo fosse intervenuta la separazione dal coniuge.

Quest’ultimo si è opposto ritirando il consenso precedentemente prestato, ritenendo di non poter essere obbligato a diventare padre.

Il giudice ha quindi sollevato la questione di costituzionalità in riferimento alla suddetta norma che stabilisce l’irrevocabilità del consenso.

La sentenza evidenzia che l’irrevocabilità del consenso è funzionale a salvaguardare innanzitutto preminenti interessi.

L’accesso alla PMA comporta «per la donna il grave onere di mettere a disposizione la propria corporalità, con un importante investimento fisico ed emotivo in funzione della genitorialità che coinvolge rischi, aspettative e sofferenze, e che ha un punto di svolta nel momento in cui si vengono a formare uno o più embrioni.

Corpo e mente della donna sono quindi inscindibilmente interessati in questo processo, che culmina nella concreta speranza di generare un figlio, a seguito dell’impianto dell’embrione nel proprio utero.

A questo investimento, fisico ed emotivo, che ha determinato il sorgere di una concreta aspettativa di maternità, la donna si è prestata in virtù dell’affidamento in lei determinato dal consenso dell’uomo al comune progetto genitoriale».

Dopo la fecondazione l’irrevocabilità del consenso è un punto di non ritorno , indifferente alle vicende di coppia.

La sentenza per esteso della Corte Costituzionale è scaricabile a questo link https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2023:161nk

whatsapp è corrispondenza

Anche whatsapp è da considerarsi corrispondenza.

I messaggi inviati tramite WhatsApp rientrano, a pieno titolo, nella sfera di protezione dell’art. 15 Cost., apparendo del tutto assimilabili a lettere o biglietti chiusi.

Nel diritto interno, inoltre, la legge 23 dicembre 1993, n. 547 (Modificazioni ed integrazioni alle norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica), sostituendo il quarto comma dell’art. 616 del codice penale, ha espressamente equiparato la corrispondenza informatica o telematica alla corrispondenza epistolare e telegrafica: ciò, al fine di non sottrarre al sistema di tutela della legge ordinaria forme di comunicazione rientranti nella sfera di protezione dell’art. 15 Cost., che qualifica come inviolabili la libertà e la segretezza della corrispondenza.

La Costituzione non poteva non occuparsi perciò della corrispondenza informatica.

Il messaggio WhatsApp spedito tramite tecniche che assicurano la riservatezza è accessibile infatti solo al soggetto che abbia la disponibilità del dispositivo.

La Corte Costituzionale con sentenza n. 170 del 27 luglio 2023 leggibile qui , ritiene i messaggi whatsapp riconducibili alla nozione di «corrispondenza».

La loro tutela non si esaurisce con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, ma dura fin tanto che essi conservano carattere di attualità ed interesse per gli interlocutori.

La nozione di «corrispondenza» si presta infatti a ricomprendere – oltre alla tradizionale corrispondenza cartacea recapitata a mezzo del servizio postale – anche i messaggi scritti scambiati attraverso strumenti informatici e telematici.

I messaggi hanno garanzia di segretezza tramite credenziali di accesso riservate per la corrispondenza elettronica e la disponibilità esclusiva dei dispositivi elettronici utilizzati per lo scambio dei messaggi di testo.

scuole private: e se papà contrario?

Scuole private: e se papà contrario deve partecipare alla spesa?

Se la mamma iscrive il figlio ad una scuola privata nonostante il no espresso del papà a tal riguardo, quest’ultimo è comunque onerato dal corrispondere le spese scolastiche?

Oppure basta il veto espresso dal padre per evitare che quest’ultimo paghi la relativa spesa scolastica?

Ogni genitore può assumere decisioni relative al figlio e l’altro può intervenire nelle scelte dell’altro solo quando si tratti di decisioni di maggior interesse.

L’art. 337 ter comma 3 c.c. statuisce infatti che “le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.

In linea generale, il genitore collocatario del figlio non è tenuto a concordare e ad informare l’altro di tutte le scelte da cui derivino delle spese, ma solo di quelle di particolare interesse.

Pertanto, il genitore non collocatario è tenuto al rimborso delle spese straordinarie salvo l’ipotesi in cui abbia addotto dei validi motivi di dissenso.

Scuole private: e se papà contrario, deve partecipare alla spesa?

A tal riguardo è utile ricordare che le spese scolastiche così come ad esempio quelle mediche, poste a carico di entrami i genitori in sede di separazione e divorzio integrano l’assegno di mantenimento, condividendone la natura “ordinaria”.

Ebbene purtroppo il papà non gode del diritto di veto, in quanto spetta sempre e solo al giudice valutare se la spesa sostenuta effettuata sia rispondente all’interesse del figlio.

In ogni caso, il dissenso del genitore può essere legittimamente manifestato anche tramite il difensore.

Il datore di lavoro può aprire gli armadietti?

Il datore di lavoro può aprire gli armadietti dei propri dipendenti?

Tale potere vale per tutto, anche i cassetti in dotazione ? Esistono dei limiti da parte del datore di lavoro?

Il potere di controllo del datore di lavoro

L’art.6 dello Statuto dei Lavoratori disciplina i casi in cui il datore di lavoro può esercitare il potere di controllo sui propri dipendenti.

In particolare, la norma citata vieta ogni tipo di potere di controllo sul dipendente ad eccezione che tale potere venga esercitato al fine di tutelare il patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti.

La norma prescrive inoltre delle modalità specifiche con cui eseguire tali visite di controllo (all’uscita dei luoghi di lavoro, nel rispetto della dignità e della riservatezza del lavoratore e tramite sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori da controllare).

La violazione di tali prescrizioni costituisce illegittimità da parte del datore di lavoro e rende inutilizzabili, ai fini disciplinari, quanto emerso durante la visita personale.

Infine, la modalità di visita di controllo del datore di lavoro deve essere previamente concordata con le R.S.A. o le R.S.U.

E’ inoltre necessaria una specifica autorizzazione da parte dell’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente.

Ma il datore di lavoro può aprire gli armadietti assegnati ai propri dipendenti?

Ad oggi la Giurisprudenza sul punto non è uniforme. Secondo una prima corrente non sarebbe estendibile l’applicabilità dell’art. 6 st.lav. anche agli effetti personali o di immediata pertinenza del dipendente (es. bozze, zaini, marsupi).

Secondo altro orientamento meno restrittivo, viene considerato legittimo il controllo in difesa del patrimonio aziendale su involucri, contenitori, borse tipo bauletto estrani all’abbigliamento del dipendente.

Per quel che è di interesse alla nostra domanda, c’è un orientamento risalente nel tempo secondo cui quando il controllo deve essere eseguito su armadietti – ripostigli assegnati al lavoratore, il controllo possa essere eseguito senza un previo accordo con R.S.A. ed R.S.U.

Ciò in quanto l’armadietto/ripostiglio non può essere ricompreso nel concetto di “visita personale”, essendo uno spazio di proprietà aziendale ed avendo la funzione esclusiva di contenere gli abiti civili dei lavoratori.

Secondo poi il Ministero del Lavoro – con nota del dell’8.11.2016 n. 20542 – per controllare l’armadietto aziendale non è necessario alcun previo accordo sindacale.

Di fatto quindi l’ispezione degli armadietti non rientra pertanto nei divieti di cui all’art. 6 dello Stat.Lav. con la conseguenza che il datore di lavoro potrà eseguire controlli a campione all’interno degli armadietti assegnati ai lavoratori

convivenza di fatto: diritti e doveri

Convivenza di fatto: quali diritti e doveri?

La Legge n. 76 del 2016 ha introdotto una riforma epocale nell’ambito del diritto di famiglia provvedendo ad ampliare il concetto di famiglia.

La famiglia non è fondata in modo esclusivo sul matrimonio, ma su una comunione di vita materiale e spirituale, motivo per il quale, anche i conviventi, le cosiddette “coppie di fatto”, godono di gran parte dei diritti riconosciuti alle coppie sposate.

La Legge indica quali sono i diritti e gli obblighi di coloro che convivono nonostante non siano sposati.

Sono conviventi di fatto due persone maggiorenni unite in modo stabile da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.

I conviventi di fatto non sono vincolati da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.

La convivenza di fatto tra persone eterosessuali oppure dello stesso sesso, viene attestata attraverso un’autocertificazione in carta libera presentata al comune di residenza nella quale i conviventi dichiarano di convivere allo stesso indirizzo.

Il Comune rilascerà il certificato di residenza e stato di famiglia.

A ogni modo la convivenza può essere provata con ogni strumento, anche con dichiarazioni testimoniali.

La convivenza di fatto si considera sia che la coppia sia eterosessuale, sia che sia omosessuale ed hanno deciso di non contrarre matrimonio né di sancire il loro legame attraverso l’unione civile, ma che sono allo stesso modo meritevoli di tutela rispetto a determinati aspetti della vita.

Con la convivenza di fatto nascono i seguenti diritti e doveri reciproci:


– La possibilità di far visita al proprio partner in carcere;
– Il diritto di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali, in caso di malattia o di ricovero del convivente di fatto.
– La facoltà di nominare il convivente come proprio rappresentante in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere.

Tale ultima facoltà viene consentita per le decisioni in materia di salute, o di morte, donazione di organi, modalità di trattamento del corpo e celebrazioni funerarie.

Il convivente di fatto può farsi nominare tutore, curatore o amministratore di sostegno, in caso di interdizione del partner, inabilitato o beneficiario dell’amministrazione di sostegno.

In caso di morte del proprietario dell’abitazione comune, il convivente superstite può rimanere nella stessa casa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni ma non oltre i cinque anni.

Se il convivente superstite ha figli minori o disabili, ha diritto di continuare a restare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.

Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente ha la facoltà di succedergli nel contratto.

Il convivente ha inoltre diritto al risarcimento del danno che spetta al coniuge superstite, in caso di decesso di quest’ultimo, in caso di fatto illecito di un terzo.

Il convivente ha diritto di partecipare alla gestione e agli utili dell’impresa familiare del partner, nonché ai beni acquistati con questi ultimi e agli incrementi dell’azienda, in proporzione al lavoro prestato.

In caso di cessazione della convivenza di fatto, il diritto di ricevere gli alimenti dall’ex convivente, qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento.

convivenza: sì al congedo per assistenza

Convivenza: sì al congedo straordinario per assistenza del congiunto in caso di disabilità grave.

A seguito della modifica apportata dal dlgs. 105/2022, anche il convivente more uxorio ha diritto ad usufruire del congedo straordinario per assistere il congiunto con disabilità grave.

Lo prevede l’ordinanza 158/2023 della Corte Costituzionale del 20.7.2023. 

Tale pronuncia trae origine dal ricorso giudiziario d’urgenza di un lavoratore al fine di sentir accertato il suo diritto al congedo straordinario per assistere la compagna convivente e non sposata, portatrice di handicap in situazione di gravità.

La Corte Costituzionale espone infatti che con la modifica introdotta dal dlgs. 105/2022, il “convivente di fatto” è equiparato al coniuge convivente, incidendo pertanto sul quadro normativo di riferimento.

Quanto sopra consiste pertanto in uno ius superveniens che ha inciso in modo significativo sul quadro normativo di riferimento ovvero la Legge n. 76 del 2016.

Tale Legge ha infatti segnato un passaggio epocale intorno al concetto di famiglia regolandole, le unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina le convivenze di fatto tra etero e omosessuali.

Dalla riforma del diritto di famiglia, promulgato in Italia nel 1975 (legge n.151, del 19 maggio 1975), ad oggi molto è cambiato.

il riconoscimento di nuove forme familiari alla luce della L. n. 76/2016

  • Matrimonio (negozio giuridico solenne mediante il quale un uomo e una donna costituiscono tra loro una comunione spirituale e materiale e acquistano lo status di coniuge).
  • Unione Civile (si costituisce mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni e l’atto viene trascritto in apposito registro).
  • Convivenza ( tra due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile).

Anche nella convivenza di fatto è arrivato, pertanto, il sì al congedo straordinario in caso di disabilità grave del congiunto convivente.

mantenimento: niente sospensione feriale

Nelle cause in materia di mantenimento: niente sospensione feriale dei termini processuali.

In tema di obbligazioni alimentari nelle cause in materia di mantenimento del coniuge debole e dei minori non è più applicabile la sospensione feriale dei termini processuali.

Lo ha puntualizzato la Corte di Cassazione , all’interno dell’ordinanza n. 18044/2023, depositata lo scorso 23 giugno.

Tali cause sono infatti ormai tutte assimilabili a quelle in materia di alimenti, per definizione urgenti e non soggette a pause processuali obbligatorie. 

L’ordinanza della Corte di Cassazione sopra citata è stata subito ripresa dal Consiglio Nazionale Forense.

Quanto sopra consiste in una novità interpretativa che incide sull’attività in materia .

Ai fini interpretativi dell’innovativa normativa sulla sospensione dei termini processuali, la nozione di obbligazioni alimentari accolta nel diritto dell’Unione Europea va, pertanto, intesa nell’accezione autonoma propria del diritto comunitario ed estesa a tutte le obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, e quindi comprensiva dei diversi istituti delle obbligazioni di mantenimento

In conclusione, la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente nuovo principio di diritto: in tema di obbligazioni alimentari come regolate dall’art. 1, comma 1, del Regolamento CE n. 4/2009 del Consiglio del 18.12.2008 (relativo alla Competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle

decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari), a norma del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3, convertito nella L. n. 27 del 2020, che della prima costituisce una derivazione, nelle cause in materia di mantenimento del coniuge debole e dei minori non è più applicabile la sospensione feriale dei termini processuali, di cui alla L. n. 742 del 1969, artt. 1 e 3;

tali cause sono ormai tutte assimilabili a quelle in materia di alimenti, per definizione urgenti e non soggette a pause processuali obbligatorie; ove pertanto si controverta di siffatte obbligazioni, la sospensione dei termini non s’applica parimenti ai casi in cui la causa comprenda, in connessione, anche altre questioni familiari o riguardanti i minori, pur se non espressamente contemplate dal R.D. n. 12 del 1941, art. 92.

Il testo dell’ordinanza è scaricabile cliccando al seguente link https://www.ordineavvocatimilano.it/media/news/LUGLIO2023/Cassazione%2018044-2023.pdf